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Sergio Piombelli: non solo il “nome” di una strada ma di una vita. Storia di un giovane Fiore Partigiano

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Ieri è apparso un articolo, su un quotidiano on line, relativo al ricordo dei genovesi in merito alla Resistenza e ai suoi suoi protagonisti . Il risultato è stato “amaro”. Vie intitolate, pronunciate quotidianamente, dal valore dimenticato. Solo nomi, ma non storie di giovani vite interrotte, di impegno e lotte che sembrano essersi sbiaditi nel tempo.

Da anni  nel sito di Via Piombelli dedico una sezione al ricordo di Sergio, alla sua famiglia e a quelle parole di un ragazzo troppo presto spento dalla guerra. Molti abitanti della zona ne apprezzano ancora il valore e il significato: Sergio Piombelli non è solo un indirizzo pronunciato distrattamente.
Oggi che è il 25 aprile ripropongo un articolo, uno dei tanti, scritti in sua memoria, frutto di una ricerca che ho svolto tanti anni fa. “Amaro”  può essere il ricordo di un giovane ucciso, ma non il suo oblio. L’oblio non deve esserci. Queste poche righe servono anche a questo, a evitare la tristezza di un sacrificio dimenticato.papavero

Molte strade della Valpolcevera sono dedicate a partigiani, riportano i loro nomi, il loro ricordo che diventa quotidiano e familiare. Una di queste è Via Sergio Piombelli, arrampicata sulla collina del Bersaglio.
Il mio tempo è stato ed è scandito da questo nome, da quando sono bambina, e in questo giorno decisamente speciale, mi piace ricordarlo, perchè ha vissuto in questa parte di Valpolcevera dove anche io ho deciso di trascorrere la mia vita.
Parlare di Sergio Piombelli vuol dire raccontare la storia di un ragazzo, come tanti in quei tempi, che ha sacrificato la sua giovinezza e la sua vita per permettere alle generazioni successive di vivere in democrazia e libertà.
Era nato al Bersaglio il 5 aprile 1926. Era bravo, studioso e amato. Frequentava il terzo anno dell’ Istituto tecnico industriale, e dopo un primo periodo di vita trascorso al Bersaglio, con la sua famiglia si trasferì a Sampierdarena, in Via Pellegrini.
L’ attività cospiratrice di Sergio iniziò dopo l’ 8 settembre 1943, prima isolatamente, poi presso la “Tana” (La Ciclistica). Fu individuato presto per l’attività svolta nelle formazioni cittadine, e così, nel giugno del 1944 raggiunse in montagna la Divisione Cichero (Brigata Berto, Distaccamento FORCA) e diventò Vice Commissario del distaccamento. Partecipò a molte azioni.
Quando venne catturato, l’ 11 febbraio del 1945, con altri sette compagni a Lorsica (Cicagna) da una compagnia di Alpini della Monterosa, venne imprigionato a Chiavari.
Non accettò nessuna offerta di mettersi al servizio della Repubblica di Salò.
Fu condannato alla pena di morte mediante fucilazione nella schiena, con sentenza di condanna del Tribunale di guerra di Chiavari del 2 marzo 1945, che così riportava nelle motivazioni: Con sicura coscienza, il Tribunale, strettamente applicando la legge e nello stesso tempo rendendosi fedele interprete e tutore degli interessi sia del Paese, sia della grande Unità di cui esso fa parte e che già tante illustri e oscure vittime dell’ odio partigiano può noverare, sancisce in questo giudicato la piena consapevolezza degli imputati e irroga a essi la pena di legge” (da Claudio FLORES-Carla Casagrande MASCHIO, Testimonianze partigiane:Divisione Cichero. La Brigata BERTO, Genova, Bruzzone arti grafiche, 2005, pag. 134).
scan10061-235x300Dopo essere stato torturato e deriso venne fucilato, a seguito di un processo veloce e sommario, a Calvari in località Paraia, con altri compagni.
Sergio mantenne sempre un contegno coraggioso, nonostante fosse tra i più giovani, e attese il suo turno con fermezza.
La sentenza venne immediatamente eseguita. Prima della fucilazione “Fiore”, questo era il suo nome di battaglia, scrisse una lettera ai familiari:
Cara mamma e papà, Muoio per volere bene all’Italia, perdonatemi per il male che vi ho fatto e beneditemi come io benedico voi.Tanti baci ad Evelina, Marisa, mamma, papà, nonni, nonne, zii,e cugini. Vostro per sempre. SERGIO”.(http://www.insmli.it/pubblicazioni/84/letserpiosd.pdf).
Su un articolo apparso su un quotidiano del 1975 sono state riportate le parole della madre di Sergio, che venne informata solo dopo sei giorni della morte del figlio, dopo che si era diretta sui monti per vederlo. Cito testualmente quelle parole di madre, piene di dolore:
L’ Undici febbraio del ’45 l’ hanno catturato; l’ hanno portato nelle prigioni di Chiavari, lo hanno torturato. Ho visto una fotografia dove ha una bocca tutta gonfia, vuol dire che ….. C’ è stato un giovane che mi ha detto:”Guardi ci hanno portato a girare per Chiavari incatenati, ci sputavano in faccia, ci sputavano addosso. Tutte quelle cose tremende”. Guardi ne ha passate di tutti i colori, “povero bambino” (…) quando sono arrivata su quel monte, ho visto i suoi amici che parlavano ed allora ho sentito che qualcosa di tragico era accaduto. E col cuore che piangeva mi è toccato tornare indietro. E quattro giorni dopo ho saputo che era morto”.
Pensieri, sentimenti e parole che una madre non dovrebbe mai avere!

BIBLIOGRAFIA su Sergio Piombelli
• “Rivarolo Partigiana” articolo di Dolores Allemani apparso su La Gazzetta di Genova del 7 novembre 1975;
• ANPI RIVAROLO, Rivarolo ricorda i caduti per la libertà, 1980
• Testimonianza sottoscritta da Venanzio Piombelli (padre di Sergio) reperita presso l’ Istituto Ligure per la storia della Resistenza e dell’ età contemporanea
• Floris, Casagrande: “Testimonianze Partigiane:Divisione Cichero. La Brigata Berto”, ed. Buzzone, 2005, da pag. 125.
• Brizzi, Cirnigliaro: “Percorsi resistenti in Valpolcevera”, Brigati, Genova 2006, pag. 100;
• Lamponi, L’ ex Comune di Rivarolo, Ed. Libro Più, 2003, pag. 92;
• Lamponi, Ratto: “Il Circolo amici della Pigna al Bersaglio”, Ed. Libro Più, 2007.

Per approfondimenti si rinvia alla Sezione dedicata a Sergio:

Patrizia Palermo


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